La vita non è in ordine alfabetico

Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!

Con queste battute Nanni Moretti, nel film “Palombella Rossa”, controbatte con forza la vacuità delle argomentazioni e del linguaggio del suo interlocutore (nello specifico una reporter). Andrea Bajani, attraverso il suo libro “La vita non è in ordine alfabetico”, sembra volerci ricordare proprio questo: il valore intrinseco, imprescindibile e assoluto delle parole. Andrea Bajani sembra volerci riportare tra i banchi della scuola elementare, a quei giorni magici in cui il maestro ci rovesciava addosso una pioggia di forme nuove che dovevamo imparare a riconoscere, inaugurando così il nostro rapporto con il mondo nuovo e variopinto delle lettere, delle parole e delle frasi, quando tutto intorno a noi cominciava ad assumere un significato diverso, perché ogni cosa poteva avere finalmente un nome e quel nome poteva essere scritto sulla lavagna o sul quaderno. Andrea Bajani ci ricorda che in questo percorso che va dall’infanzia all’età matura tutto ciò che abbiamo fatto, detto, vissuto, sentito, sperimentato, ogni sentimento di odio, amore, sofferenza, indifferenza, sorpresa, paura, delusione, tutto, ogni singolo istante della nostra esistenza, è passato attraverso il vaglio delle lettere dell’alfabeto, attraverso le loro infinite combinazioni che danno luogo alle parole, che si intrecciano dando vita alle frasi, che a loro volta si legano tra loro, creando le storie. E le storie non sono altro che vita impressa su carta. Come le trentotto brevi storie nate dalla penna di Andrea Bajani, che a partire da una parola scelta come titolo (ma che non è soltanto un titolo perché lassù, in cima alla pagina, pulsa, vibra e vive), fa sgorgare come una fontana un fiume di altre rumorose parole che indagano inezie del quotidiano, piccolezze che lascerebbero indifferente un occhio qualsiasi, ma che non possono non colpire nel profondo lo sguardo sensibile dello scrittore, attento a tutto ciò che è silenzioso e celato. Questo piccolo libro è un invito a tornare bambini, a tornare a quella forza immaginativa che ci permetteva di “vedere un mondo in un granello di sabbia e un paradiso in un fiore selvatico“, a quell’ingenua spontaneità che ci portava a dire le cose come stavano, a dargli un nome preciso e inequivocabile, a riconoscere la verità nelle parole. Perché questo è il punto nodale: la verità nelle parole, la verità delle parole. 

Andrea Bajani è uno di quegli scrittori che hai la fortuna di scoprire soltanto per caso, perché una serie di circostanze favorevoli hanno permesso che in libreria il tuo occhio si concentrasse, tra milioni di altri libri, proprio su quella semplice ma efficace copertina, o perché, come nel mio caso, qualcuno che ti conosce più di quanto immagini ha pensato che quel libro potesse piacerti, e ha deciso di regalartelo (sempre perché il caso ha voluto che l’occhio di questa persona si concentrasse proprio su quella copertina). Io quindi sono stata fortunata. Ho scoperto Bajani e ho scoperto qualcosa in più di me, tra queste inaspettate ma sorprendenti pagine.

Vi lascio allora a queste trentotto storie in ordine alfabetico, da sfogliare liberamente in ordine sparso perché appunto, come ci dice Bajani: “La vita non è in ordine alfabetico”.

Con ventuno lettere (…) si può costruire e distruggere il mondo.

Andrea Bajani, La vita non è in ordine alfabetico, Torino, Einaudi, 2014

streBen

A Benedetta non piace: scrivere la sua biografia perché le da l'idea di un'epigrafe prematura. A Benedetta piace: riflettere su cose ordinarie, contribuire al nonsense universale, leggere i libri, annusarli, farci le orecchie e scriverci qualsiasi pensiero volante (perché le idee fuggono e bisogna appuntarle), sintetizzare le situazioni con frasi lapidarie, recitare poesie ad alta voce, raccontare barzellette che raramente fanno ridere. Nel frattempo studia Lettere Moderne a Roma, gioca a pallone e si spaccia per letterata su un blog pretenzioso che aggiorna a seconda di casuali congiunzioni astrali. Non smetterà mai di covare un immotivato rancore verso Kant per avergli rubato l'espressione: "Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me", di cui reclama invano la paternità.