I libri del cambiamento nell’Aperlibro di Febbraio

Aperilibro – 9 febbraio 2018

L’Aperilibro di febbraio all’Hibernian pub, dove ci siamo incontrati venerdì scorso, in pieno carnevale, lo abbiamo voluto dedicare ai libri del cambiamento e della trasformazione. Dalla maschera al mondo interiore, il tema preponderante è stato decisamente quest’ultimo.

Abbiamo iniziato con “Un germoglio tra le sbarre. Dal disagio personale al disagio sociale, tra carcere e libertà”, racconti di autori vari a cura di P. Paparella. Tra i racconti troviamo la straziante testimonianza dell’addio tra un detenuto e un ispettore capo di polizia penitenziaria, con il prigioniero che affida nelle mani di quello che dovrebbe essere il suo peggior nemico l’oggetto più prezioso che possegga, la propria voce racchiusa in un quaderno di pensieri e poesie. E il suo nemico è diventato invece il suo migliore amico. Scritto a più voci, professionisti, operatori, detenuti, volontari, agenti e studenti si confrontano tutti insieme in un dialogo inedito sul tema del carcere in Italia. Dal libro, Paolo Cordaro ha letto il racconto “Amore solare”.

“Ciò che sei non è” di Antonio D’Elia e Maria Cagnetta e “Dialogo con la Guida Interiore” di Claudio Guarini, sono stati presentati da Antonella Avantaggiato come sue ultime letture per imparare a riconoscere e parlare con la sua guida interiore, il vero Sé perché l’essere umano si immedesima in una vita non sua, creando delle realtà illusorie. In questo modo perde di vista l’Essenza. Il risveglio consiste in questo: accorgersi che ciò che credevi di essere, in realtà, non lo sei.

Il cambiamento di Monica Zarelli è stato vissuto nelle protagoniste di “Donne che comprano fiori” di Vanessa Montfort, ritrovandosi un po’ in ognuna di esse. È la storia di cinque donne che comprano fiori nel negozio di Olivia, il Giardino dell’angelo, all’ombra di un ulivo secolare, nel cuore del Barrio de las Letras, il quartiere più bohémien di Madrid. Il negozio è una piccola oasi verde ricca di fascino e profumi dove si incrociano le vite di donne che si trovano in un momento cruciale della propria esistenza per motivi lavorativi, sentimentali, familiari o di realizzazione personale.

Vincenza Spiridione ci ha letto “Zen quotidiano. Amore e lavoro” di Charlotte Joko Beck, per una profonda riflessione sulla sconfinata vita interiore che è in noi; lo zen, come appare chiaramente dall’insegnamento di Joko Beck, sta proprio nel calarsi fino in fondo nella vita ordinaria, quotidiana, fatta di rapporti sociali e affettivi, di avanzamenti nella carriera, di ipoteche sulla casa, di tutte quelle cose cioè che riteniamo troppo banali e per nulla spirituali e illuminanti e che invece mettono in luce il vero obiettivo della pratica: imparare a vivere ogni momento così come si manifesta, fino ad apprezzare la meraviglia della vita quotidiana in tutta la sua splendida semplicità.

Annamaria Igini riallaccia il discorso della trasformazione con “Il fuoco liberatore” di Pierre Lévy, autore conosciuto per i suoi scritti teorici, ispirati alle tecnologie digitali dell’informazione e alla cyber-cultura. Qui, invece, l’autore si sposta verso il tema della mente emozionale e costruisce così un percorso geometrico verso la scoperta di sé, provando ad aprire le porte anche se non si posseggono chiavi, perché le porte possono essere anche semplicemente già aperte.

Gianluca Giura, infine, ha letto “Bartleby lo scrivano” di Herman Melville ed i diversi suoi modi di intendere quella famosa risposta “preferirei di no”, nell’originale “I would prefer not to”. In principio Bartleby esegue diligentemente il lavoro di copista in uno studio legale ma si rifiuta di svolgere altri compiti, sconcertando il suo principale con la risposta “preferirei di no”, poi smette di lavorare del tutto, fornendo come unica spiegazione la medesima frase. Bartleby era stato un impiegato nell’ufficio delle lettere smarrite a Washington, dal quale era stato all’improvviso licenziato per un cambiamento nell’amministrazione. Inizialmente il No inteso come espressione di ribellione, poi come paura del cambiamento, immobilismo che porterà lo scrivano a cambiare di nuovo la sua condizione e lo condurrà alla morte, solo perché “No, preferirei non fare cambiamenti”.

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