Caos Calmo di Sandro Veronesi

La vittoria allo Strega di Sandro Veronesi mi ha fatto ricordare che da troppo tempo avevo nella lista dei miei libri ‘Caos Calmo’. Non ho visto nemmeno il film.
La vicenda del libro ruota su un punto cardine: la scomparsa improvvisa della convivente-quasi moglie Lara per un attacco cardiaco, proprio mentre lui salvava assieme al fratello due sconosciute nel mare adiacente alla loro casa delle vacanze, dove stavano tutti insieme. Anzi no, questo è solo il preambolo, perché il vero motore è che Pietro Paladini, il protagonista, non prova dolore per questo, così come la figlia della coppia Claudia, ma in reazione a questa nuova situazione fa una cosa, decide di stazionare ogni giorno davanti alla scuola della figlia evitando di andare al lavoro. Pietro è un pezzo abbastanza grosso di una grande compagnia televisiva a Milano, e in corso c’è una fusione, di quelle che anticipano la sinergia tra telecomunicazioni, tv e cinema.
Al di là delle prime venti-trenta pagine non memorabili. Perché si dice che di un libro dalle prime pagine capisci tutto dell’autore? E comprendi se il libro è coinvolgente? Non accade mai e spesso i libri migliori non hanno ‘incipit’ così coinvolgenti. A ogni modo nel corso della lettura tutto è molto credibile e quest’intreccio di mondo che è la scuola di Claudia, i suoi interessi, l’accademia di danza, diventa una sorta di enclave esistenziale del protagonista, ma anche di ‘refugium peccatorum’, in quanto la sua solitudine attira tutti. Quando ci si isola sono gli altri che per un motivo o un altro ti vengono a trovare, si diviene come una sorta di confidente privilegiato. E’ credibile il modo in cui gli altri si rapportano a lui e il fatto che riesca a starsene in questo modo. Il lettore comprende e sente tutto come ben giustificato in relazione alle dinamiche in essere.
Il libro è del 2006 e mi ha fatto pensare a quei contesti aziendali che allora vivevamo un po’ tutti, e mi sono chiesto quanto e come sia cambiato questo tipo di mondo da allora. Diciamo che oggi siamo in una fase successiva, per tanti motivi. I personaggi sono ben delineati con pochi tratteggi: il fratello stilista, il padre, i vari colleghi e superiori, la sorella di Lara e via discorrendo.
E’ un testo ben scritto e mette una certa curiosità per cercare di sapere dove Pietro andrà a parare.
Punti deboli? Il senso di un’opera di narrativa è plurale per eccellenza, o dovrebbe essere plurale e polisemica il più possibile, però si fa fatica a trovare in Pietro e nel testo un qualche significato forte. Lui è una metafora della società attuale? Anestetica e anestetizzata? Secolarizzata? Alienata? E’ comunque un romanzo volutamente debole sotto questo punto di vista, e a differenza di molte opere del passato anche recente, ci propone un minimalismo amplificato, anche se rivelatore. Minimale e dirompente è anche il finale.
So che l’autore ha fatto del viaggio un tema caro, o almeno si sente qua e là che il concetto di viaggio è importante per lui. Questo romanzo fa venire in mente che il meglio di percorso non è la meta e nemmeno l’inizio, ma il tragitto. Nelle varie circostanze che mettono il protagonista a confronto con i vari personaggi la narrazione dà il meglio di sé. L’autore ha scritto anche un seguito, ‘Terre rare’, che leggerò. A istinto e scrutando le quarte di copertina è sicuramente tra i testi di Veronesi quello che mi interessa di più.

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Gino Pitaro

Nasce a Vibo Valentia e ha svolto attività di redattore, articolista freelance e di documentarista. Nel 2011 il suo esordio come autore di romanzi con "I giorni dei giovani leoni" (Arduino Sacco Editore), poi per la Ensemble pubblica rispettivamente nel 2013 e 2015 "Babelfish, racconti dall'Era dell'Acquario" e "Benzine", vincendo numerosi premi letterari. "La Vita Attesa" è il romanzo per Golem Edizioni pubblicato nel 2019. Vive in provincia di Roma.