L’OMBRA DELLO SCORPIONE (The Stand) di Stephen King

Di sicuro il Re avrà visto la serie televisiva ‘Survivors’ (in Italia ‘I Sopravvissuti’) che uscì nel 1975-76 nel mondo anglofono e poi in Italia dal 1979. La serie narra le vicende dell’umanità sopravvissuta a un virus che ha ucciso il 99% della popolazione mondiale. La storia si dipana con un curioso senso di inquietudine dovuto più alla scoperta dell’altro da sé in un nuovo contesto che per altri motivi. Si palpita per le vicende dei protagonisti perché ogni nuova scoperta in questo nuovo mondo porta con sé le paure di una realtà sociale senza autorità e al contempo la speranza che rappresenta il non essere soli. Ero bambino quando saltuariamente la vidi, suscitando in me una forte attrazione e al contempo repulsione. Dalla fine degli anni ‘70 si succedettero tantissimi prodotti editoriali, sia di tipo letterario che cinematografico. Il romanzo di Stephen King viene pubblicato nel 1978 e non ha nulla della storia televisiva, se non il poderoso spunto iniziale. Da una parte King dettaglia lo scenario umano in cui si verifica l’evento sterminatore, con tutti gli aspetti connessi (strade intasate, possibilità di prendere qualunque cosa serva in ogni negozio, cadaveri in decomposizione, la perdita della bussola delle autorità, il ruolo dei militari e la perdita della bussola della ragione, le vie delle città che si desertificano e poi diventano popolate da strani personaggi, l’abbandono degli istinti tenuti a bada, il terrore di attraversare le gallerie), dall’altro tutto ciò diviene l’ambientazione di una vicenda dove si scontrano due comunità, il bene e il male, capeggiate rispettivamente da una nera ultracentenaria, Mother Abagail, e da Randall Flagg. Figure in possesso di doni medianici, in grado di suscitare eventi paranormali, senza che questi risultino forzosi all’interno della storia. La comunità del bene cerca di trovare una via attraverso le sane regole civili e democratiche, l’altra farà altrettanto piegando ciò a obiettivi diversi, ma sarà quest’ultima anche una società di persone allo sbando o con turbe psichiche raccattate da Flagg o semplicemente individui che hanno trovato questa strada più comoda, più garantista dei vantaggi del vecchio mondo.
Naturalmente ci sono dei personaggi chiave, uomini e donne, di cui seguiamo le vicende attraverso le molte pagine che scorrono con facilità. La cosa molto interessante è che ‘L’Ombra dello Scorpione’ spiega bene la visione sociale e anche spirituale di King, attraverso un coacervo di implicazioni, dubbi e persino ragionevoli contraddizioni. Gli eventi maturano con i protagonisti stessi e noi lettori attraverso essi. Rispetto alla versione originale quella uscita nel ’90 è molto più lunga, spostando l’ambientazione di un decennio: gli anni Ottanta la prima, i Novanta la seconda. Ci sono quindi dei piccoli anacronismi e in un certo senso si intuisce essere un romanzo scritto più di dieci anni prima. La relativa lentezza di questa versione aiuta a definire meglio la vicenda e i personaggi, anche se toglie un po’ di ritmo. King nell’introduzione riporta il fatto che la più breve edizione precedente non fu dovuta a un taglio editoriale, ma venne decisa dalla distribuzione che considerava giusto dover fissare un certo prezzo del libro, rendendolo appetibile da un punto di vista economico e idoneo alla sua lunghezza per non scoraggiare i lettori vecchi e nuovi di King stesso, non all’apice della sua fama. E’ una valutazione che nel mercato americano si fa spesso: se l’autore e la casa editrice studiano un libro, ciascuno secondo le proprie pertinenze (lo scrittore come artista, l’editore come imprenditore culturale, l’ufficio stampa come promozione, l’editor come cura linguistica e della coerenza narrativa), la distribuzione fa lo stesso su più piani afferenti la migliore proposta del libro. In Italia questa attenzione è più morbida.
E’ un bel romanzo post apocalittico, che vive di osmosi con l’immaginario cinematografico, influenzandolo a sua volta. Nonostante però la corposità alcuni personaggi non sono particolarmente definiti, anche se tutti sono ricchi di particolari accattivanti: misteriosa rimane l’attrazione di Nadine per Flagg.
Dal libro ne è stata tratta una serie tv nel ’94 che non ho visto. Randall Flagg invece ricomparirà in ‘Gli occhi del drago’ e nella saga della ‘Torre Nera’, determinando un legame con il finale di ‘L’Ombra dello Scorpione’.
L’altro tema molto stimolante riguarda la storia della stesura del romanzo. King a un certo punto si bloccò, volendo abbandonare il romanzo stesso, questo perché le due comunità finivano per somigliarsi troppo, come a dire che l’esperimento letterario in vitro di due comunità separate in uno stesso universo sociale porta a determinare la nascita di un’unica società nella complessità del suo bene e del suo male, che in qualche modo le due realtà si intrecciano e in parte si contaminano a vicenda, che nell’individuo rettitudine e malvagità possono essere dominanti ma non totalizzanti. Non è una conclusione sorprendente (e che è tale anche per altri aspetti), ma è intrigante come ciò si manifesti nella scrittura: ricreando un mondo ‘liberato’ dal virus letale si esprimono sempre quelle leggi universali della società reale, alterabili lungo il tempo solo attraverso l’evoluzione.

Gino Pitaro

Nasce a Vibo Valentia e ha svolto attività di redattore, articolista freelance e di documentarista. Nel 2011 il suo esordio come autore di romanzi con "I giorni dei giovani leoni" (Arduino Sacco Editore), poi per la Ensemble pubblica rispettivamente nel 2013 e 2015 "Babelfish, racconti dall'Era dell'Acquario" e "Benzine", vincendo numerosi premi letterari. "La Vita Attesa" è il romanzo per Golem Edizioni pubblicato nel 2019. Vive in provincia di Roma.