LA SIGNORA DI ELLIS ISLAND di Mimmo Gangemi

Intorno a loro, sul ponte, la gente guardava, ammirata e impaurita, la grandiosità della Merica, quella città smisurata con grattacieli che s’infilavano a pungere il cielo, e la statua. – E’ la Madonna, è la Madonna, – esclamò una donna, mostrando la grande signora con la fiaccola – così l’avevano chiamata fino a quel momento – prima di prostrarsi a battersi il petto. S’inginocchiarono in tante. Chiedevano a lei la grazia di superare i controlli e di entrare alla Merica dopo aver attraversato il Mare Oceano.
(pag.71).

Mimmo Gangemi è uno dei più grandi narratori di questi ultimi quindici anni, anche se attivo dal non vicinissimo 1995, peraltro con opere tutt’altro che irrilevanti. Famoso anche per ‘Il Patto del Giudice ‘e ‘Il Giudice Meschino’, libri di rilievo che però non hanno esercitato in me un magnetismo come ‘La Signora di Ellis Island’. Diciamo che Gangemi è un autore che ha delle particolarità curriculari: le sue eccellenti opere sono sempre oggetto di ristampe in Italia e all’estero. Ha vinto premi rilevanti in Calabria, ma non è mai stato candidato a determinate manifestazioni nel resto del paese, se non per una selezione al Bancarella. ‘La Signora di Ellis Island’ è un imponente affresco di una famiglia calabrese dagli albori del ‘900 fino a lambire gli anni ’70, che francamente fa sfigurare almeno la metà di molti autori più mediatici o sparati sugli scaffali. E mi fermo qui, e non lo dico con la puzza sotto al naso, ma specificando che io sono uno che difficilmente non trova motivi di entusiasmo o interesse in un qualsiasi libro.
A differenza di quello che potrebbe suggerire la copertina, non è un viaggio a senso unico verso l’America, grande epopea:
tra i vostri parenti difficilmente sentirete parlare male dell’America fra le vecchie e le nuove generazioni, a iniziare proprio parlando del periodo della segregazione iniziale, condivisa peraltro anche con gli irlandesi, gli ungheresi e tanti altri. Semplice: si sentono fondatori di quel paese, e non c’è fondazione senza lotta, privazione e sacrificio: ‘L’America è nata nelle strade’ fa un grande film di Martin Scorsese. A ogni modo l’affresco di Gangemi ci porta in America, ma non unicamente quella di sola andata, perché la storia si snoda prevalentemente in Italia, abbracciando la generazione del protagonista principale, Giuseppe figlio di contadini, la precedente, quindi quella dei figli e dei nipoti. Un affresco dunque imponente, che commuove, che illumina per le tante sfaccettature che offre.
L’emigrazione, la Grande Guerra, il periodo tra i due conflitti, la Seconda Guerra Mondiale, le guerre coloniali, la prigionia, le dinamiche sociali, la ‘ndrangheta e il suo evolversi e tanti aspetti di vita quotidiana illuminanti e mai banali. Un capolavoro? Forse per esserlo dovrebbe essere non solo un grande romanzo qual è, ovvero un romanzo vero di quelli che rimangono, eccellentemente articolato e coinvolgente, ma anche meno debitore della grande tradizione letteraria. Intendiamoci, ‘La Signora di Ellis Island’ non è per nulla una minestra riscaldata, ma manca la forza dirompente dei capisaldi mondiali della letteratura. Al netto di questo chi dice di amare la letteratura contemporanea non può facilmente trascurare questo libro, a furor di popolo anche nei Pickwik Piemme.

Gino Pitaro

Nasce a Vibo Valentia e ha svolto attività di redattore, articolista freelance e di documentarista. Nel 2011 il suo esordio come autore di romanzi con "I giorni dei giovani leoni" (Arduino Sacco Editore), poi per la Ensemble pubblica rispettivamente nel 2013 e 2015 "Babelfish, racconti dall'Era dell'Acquario" e "Benzine", vincendo numerosi premi letterari. "La Vita Attesa" è il romanzo per Golem Edizioni pubblicato nel 2019. Vive in provincia di Roma.