IL ROSSO E IL NERO DI STENDHAL

Matilde si annoiava in anticipo. Il marchese de Croisenois riuscì a venirle vicino e già le parlava, ma ella meditava senza ascoltarlo. Il suono delle parole di lui si confondeva nel suo orecchio col frastuono del ballo. Seguiva macchinalmente con l’occhio Giuliano, che si era allontanato rispettosamente, ma fiero e scontento. Scorse in un angolo, lungi dal passaggio della folla, il conte Altamira, condannato a morte nel suo paese. Sotto Luigi XIV, una sua antenata aveva sposato un principe De Conti, e questo ricordo lo proteggeva un po’ contro la polizia della congregazione. “Non vedo che la condanna a morte capace di distinguere un uomo”, pensò Matilde: “è l’unica cosa che non si compri!”.
(…)
Un nugolo di giovanotti con baffetti si era avvicinato a Matilde. Questa si era accorta benissimo di non aver sedotto Altamira ed era irritata che si fosse allontanato; vedeva brillare il suo occhio nero mentre parlava al generale peruviano. La signorina De La Mole guardava quei giovani francesi con una serietà profonda che nessuna delle sue rivali poteva imitare. “Quale di loro”, pensava, “potrebbe farsi condannare a morte pur supponendogli tutte le condizioni favorevoli?”

Ho apprezzato ma non amato ‘Il Rosso e il Nero’ di Stendhal. Libro importante, anche nel percorso della letteratura contemporanea, perché si pone sul crinale tra un vecchio e un nuovo mondo, quello che vedrà l’affermarsi di una nuova classe sociale a discapito della vecchia nobiltà. Ciò avverrà oltralpe e in determinate realtà con la decapitazione dei casati, mentre altrove sarà diverso, perché le monarchie si faranno portatrici di quelle nuove idee che animavano le classi subalterne o emergenti. Dunque ‘Il Rosso e il Nero’ vuole essere uno di quei romanzi che abbozzano l’uomo nuovo, che nel caso della Francia emergerà definitivamente dopo i moti del 1848 in tutta Europa, preceduti da quelli importanti del 20-21 e del 30-31, anni quest’ultimi da cui parte l’ambientazione del romanzo.
La vicenda in breve è questa: Giuliano Sorel nasce da una modesta famiglia, con un padre carpentiere. Ama i libri ed è segretamente innamorato delle gesta di Napoleone. Studia il latino ma non è colto come ambirebbe essere, tuttavia ciò basta per divenire precettore nella più nobile famiglia della sua zona. Nobiltà di provincia, di fondo gretta, affamata pur sempre di potere o del suo mantenimento. Tra Sorel e la signora De Renal nasce una passione, soprattutto da parte della donna. Varie circostanze, nonché lettere anonime, sospetti e motivi di opportunità, portano Giuliano prima ad accasarsi presso una famiglia rivale, infine il seminarista trova l’accoglienza e i favori di un casato parigino. Dopo varie vicende nasce un legame tra lui e la signorina Matilde De La Mole, frammezzato da continui ripensamenti, finché lui la fa ingelosire, si riavvicinano definitivamente e lei rimane incinta. A poco a poco il marchese, padre della giovincella, si abitua all’idea e dispone per Giuliano una possibilità in ambito militare, in modo tale che egli acquisisca crediti e meriti, ma accecata dalla gelosia la signora De Renal, il cui amore per il precettore non si era mai estinto, scrive al marchese, mettendo in cattiva luce Giuliano. A quel punto il seminarista decide di assassinare la sua ex amante, ferendola solamente. Viene trasferito in carcere in attesa di giudizio. Ciò però cagiona la riconciliazione fra i due, che riscoprono l’antica fiamma, ma anche la signorina La Mole non lo abbandona e trama per liberarlo. In nome dell’onore e della grandezza Giuliano rifiuterà ogni aiuto, andando incontro al patibolo.

Il romanzo è una partitura di asprezze e avversioni di Giuliano Sorel per la nobiltà e buona parte della società, nella quale vi si trova immerso e che gli garantisce buone rendite. Interessante tra le righe un contrasto allora vivo, ovvero quello tra i giansenisti e i gesuiti. In un certo senso ‘Il Rosso e il Nero’ può essere letto anche come una mappa delle asperità del carattere di Stendhal e dei suoi ardori. E’ una continua schermaglia, che non risparmia nemmeno l’amore, dato che questo viene vissuto da Giuliano e Matilde come qualcosa che si deve confrontare con il proprio onore e l’aspirazione alla grandezza. L’onore è un grande valore, oggi appannato, tuttavia i parossismi dell’800 e di parte del ‘900 inducevano a farne una questione di principio per ogni inezia. L’onore non era solo un valore ma qualcosa che partecipava all’edificazione del monumento di se stessi in società. L’unica che ama senza sovrastrutture è la signora De Renal.
In questo senso ‘Il Rosso e il Nero’ comunque ha tutto il fascino di essere un romanzo al limite di un’epoca. L’Europa da lì a poco conoscerà cambiamenti radicali.

Gino Pitaro

Nasce a Vibo Valentia e ha svolto attività di redattore, articolista freelance e di documentarista. Nel 2011 il suo esordio come autore di romanzi con "I giorni dei giovani leoni" (Arduino Sacco Editore), poi per la Ensemble pubblica rispettivamente nel 2013 e 2015 "Babelfish, racconti dall'Era dell'Acquario" e "Benzine", vincendo numerosi premi letterari. "La Vita Attesa" è il romanzo per Golem Edizioni pubblicato nel 2019. Vive in provincia di Roma.